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02.02.2023 #moda

Salvo Rizza

Nella tensione chiamata Des Phemmes

“L’autunno-inverno 2023/24 è un ritorno alle origini. Una conversazione tra il me di tre anni fa e il me di oggi.”

Il racconto di una storia personale, di quello che ci circonda che poi alla fine definisce in parte chi siamo. Così Des Phemmes, marchio fondato da Salvo Rizza, racconta la fiaba del creativo, i suoi affetti, le sue donne, ma anche le sue “ossessioni”. Un’estetica molto precisa che si genera dalla tensione degli opposti, e allora Salvo crea una sorta di daily Couture “pensata per le donne”. Un marchio che sta crescendo vertiginosamente, amato dalle star e dalle clienti che lo acquistano sulle piattaforme luxury più cool di internet, come Moda Operandi. Da Parigi e dal mondo dell’Alta Moda, Salvo approda a Milano dove mette le radici del suo brand che vede come un terzo polmone. Se gli piacerebbe disegnare per un altro brand? Confessa che lo farebbe, ma “vorrei un brand con una storia in cui potermi immergere per poi riportarla in superficie con il vocabolario contemporaneo”. Abbiamo parlato di moda e del suo significato, ma anche della sua futura collezione fall-winter 2023/24 che presenterà durante la Milano Moda Donna a febbraio.

Com’è nato il tuo brand Des Phemmes?

La verità è che non ho mai voluto fare un mio brand. È qualcosa che è successo per caso, forse per allineamento astrale. Non ho mai avuto la velleità di avere il mio progetto personale, ho sempre lavorato per altri. Quando vai avanti nella carriera, però, dentro di te cresce la necessità di raccontare la tua storia, soprattutto quando vivi del riflesso e della creatività degli altri: io ho lavorato per Giambattista Valli e tanti altri, ma in quelle situazioni raccontavo sempre la storia di qualcun altro, non la mia. Quando decidi di avviare qualcosa di tuo però ti chiedi: “Da dove parto, di cosa parlo?”, è normale chiederselo…

E tu da dove sei partito? Di cosa parla il tuo marchio?

Il mio brand gira attorno a quelli che sono i miei affetti: è un racconto che parla di me, della mia storia e delle donne che hanno fatto parte del mio percorso di vita. Poi ci sono le mie “ossessioni” visive: la fotografia anni ‘90, Kate Moss, Juergen Teller, le vecchie campagne di Prada, Helmut Lang e Calvin Klein (sempre degli anni Novanta). Cercando di unire tutti questi elementi, e facendoli convivere, ho dato vita a Des Phemmes.

Il nome del brand ha una storia molto interessante, cosa significa?

Volevo inserire nel nome un riferimento alla femminilità o comunque alle donne, quindi inizialmente volevo chiamarlo femmes, ma mi sembrava un po’ scontato e così ho aggiunto “Ph” davanti. Una parola nuova che suona come il francese, ma in realtà non lo è. Poi ho aggiunto il “des” (in francese) per sottolineare ulteriormente il legame con l’emisfero femminile, ma anche per omaggiare le mie origini: io infatti ho iniziato a lavorare a Parigi e quindi mi faceva piacere ritrovare nel nome anche un po’ del mio lavoro.

Qual è l’estetica del marchio?

Nel mio lavoro c’è un concetto di “tensione” che nasce tra emisferi opposti: uomo e donna, minimalismo e massimalismo. In quello spazio di mezzo, in quella tensione, c’è un nuovo universo che rende interessante il progetto. Così nelle mie collezioni si trovano capi molto semplici arricchiti però da contrasti: dettagli, “difetti” o sproporzioni che rendono subito più interessante il capo. È tutta una questione di tensione che dà vita a qualcosa di nuovo. Così il “difetto” diventa valorizzazione, diventa segno di unicità.

Un tensione che è anche tra Haute Couture e Prêt-à-Porter, due mondi che si incontrano nelle tue collezioni…

L’idea era quella: cercare di portare quel tipo di expertise (della Couture, ndr) sul Prêt-à-Porter. Ad esempio, prendere un pantalone cargo in denim e ricamarlo totalmente a mano diventa emblema dei due opposti. Oppure, l’oggetto che oggi rappresenta di più Des Phemmes è la T-shirt tie dye ricamata, un capo che tutti hanno nell’armadio, ma nel mio caso è tinta ed embroidered a mano. Quindi hai Couture su un item che è totalmente ready to wear.

Des Phemmes spring-summer 2021

E com’è stato traslare il mondo dell’Alta Moda su dei pezzi Prêt-à-Porter? E qual è stato il feedback da parte di stampa e buyer quando hanno visto per la prima volta i tuoi pezzi?

La mia idea era quella di partire da alcuni concetti della Couture eliminando la parte più complessa. Creare, a modo suo, un’Alta Moda da giorno. Dei capi molto lavorati su forme che sono daily. Per quanto riguarda il feedback, quando ho presentato Des Phemmes ai vari commerciali e stampa, la reazione è stata di perplessità.

Hai dichiarato, in passato, che il tuo brand ha “un focus sull’immaginario fotografico ’90, legato all’idea di giovinezza e sovversiva femminilità rappresentata da Kate Moss”. Nel mondo contemporaneo, chi incarna questa idea?

A inizio anni 90, quando Kate Moss apparve su The Face con le foto di Corinne Day, ella era una bellezza completamente anormale per i canoni dell’epoca dove c’erano Linda Evangelista o Claudia Schiffer. Kate era l’opposto, una bellezza quasi aliena. Oggi, il concetto di bellezza ha uno spettro molto più ampio, ma forse la donna che oggi rappresenta quei valori è Zendaya.

Des Phemmes fall-winter 2021/22

Des Phemmes nell’ultimo periodo è cresciuto molto. È distribuito in diversi negozi online del lusso e ha collaborato con Moda Operandi per una capsule. Qual è il fattore del suo successo?

Credo perché sia un brand veramente pensato per le donne, e queste quando lo indossano si sentono bene. Altro fattore è il punto prezzo: non ho mai desiderato creare un brand inaccessibile di super lusso. Sono molto attento al lato commerciale, un brand oggi per sopravvivere ha bisogno di un fatturato. Una collezione quindi deve partire dal concetto che il creativo ha in mente, ma poi deve diventare reale e traslabile. Infine l’immagine, sono veramente ossessionato da questa.

Quali sono i tuoi mercati di riferimento?

Principalmente l’America e l’Italia.

Tornando a parlare del brand, questo può essere indossato anche dagli uomini. Chi è l’uomo Des Phemmes?

L’uomo Des Phemmes è chiunque ha voglia di indossare il brand. Sono capi che in parte ho costruito partendo dal mio armadio e ovviamente stanno anche sugli uomini. Mettere un modello nel lookbook (della spring-summer 2023, ndr) è stato un po’ per caso. Come designer devi disegnare dei capi che poi ogni persona può interpretare a modo proprio mostrando la propria individualità. Quindi non disegno nello specifico pensando a un uomo Des Phemmes, ma per chiunque si sente libero di indossarli.

Des Phemmes spring-summer 2023

In passato hai detto: “Oggi la creatività non è più condizione sufficiente, ma servono spiccate doti imprenditoriali”. Salvo è più un creativo o un imprenditore?

Più un imprenditore. Oggi se il brand funziona è perché, sì, ha una bella immagine e una buona comunicazione, ma anche perché il direttore creativo supervisiona su tutto. Devi per forza avere delle doti imprenditoriali: una volta gli stilisti facevano dei bei disegni e i fatturati arrivavano, oggi non è più così. Il mercato è talmente saturo che devi per forza essere anche imprenditore per dare voce alla tua storia. Devi essere creativo, ma devi anche saper comunicare e avere una storia da raccontare. È necessario mediare la propria creatività con quello che è il reale.

Nella galassia moda esistono tante e diverse realtà, ad esempio Armani da una parte e Ludovic de Saint Sernin dall’altra. Ad alcune di queste, spesso, viene mossa la critica di non essere “moda”. Ma cosa è la moda?

La moda oggi racconta delle storie e ogni brand a modo suo racconta la propria. Quindi il concetto di moda non può più essere legato al mero capo d’abbigliamento. La moda è politicizzata e narra diversi mondi. Quando indossi qualcosa comunichi, e nel momento in cui racconti qualcosa, allora si può parlare di moda, sennò è abbigliamento.

Des Phemmes spring-summer 2023

Tanti designer nonostante abbiano un loro brand vengono nominati direttori creativi di altre maison, vedi Ludovic de Saint Sernin di cui stavamo parlando prima. Tu accetteresti mai e quale brand ti piacerebbe raccontare?

Sì, lo trovo molto interessante. Vorrei un brand con una storia in cui potermi immergere per poi riportarla in superficie ma con il vocabolario contemporaneo. Forse l’unico silente – lontano da Des Phemmes ma mio primissimo amore – è Gianfranco Ferré.

Parlando invece della nuova collezione che presenterai a Milano durante la moda donna fall-winter 2023-24, puoi darci qualche piccola anticipazione?

L’autunno-invero 2023/24 è un ritorno alle origini. Sono ripartito da alcuni elementi che erano presenti nelle primissime collezioni – molto più anni ‘90 – e ho cercato di sporcarli con quello che Des Phemmes è ora. Come se avessi fatto conversare il me di tre anni fa e il me di oggi.

E questa conversazione è senza fine oppure ha un punto?

Credo sia senza fine, ma perché mi rendo conto che tutto il mio trascorso torna nel mio presente.

Come immagini Des Phemmes in futuro?

Quando ho creato il brand la mia idea principale era di farlo diventare una piattaforma per le donne, una specie di incubatore di talenti tutto al femminile. E questo voglio ancora realizzarlo, poi voglio continuare a raccontare la mia storia, le persone che mi circondano e che fanno parte della mia vita.

Intervista : Flavio Marcelli

Ritratti : Ludovica Arcero

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