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Si apre a Venezia la Biennale più “straniera” di tutti i tempi
Tutto gira attorno a un assunto: gli stranieri sono ovunque. Nell’arte, come nella vita di tutti i giorni. Perché stranieri, in fondo, siamo tutti noi. Il titolo scelto dal curatore Adriano Pedrosa è la chiave d’accesso per entrare nel meraviglioso mondo della 60esima Biennale d’Arte che ha aperto i battenti proprio in questi giorni e ha trasformato Venezia nel centro del mondo. O meglio, in quella fetta di mondo che ama scavare, indagare, esplorare attraverso la creatività moderna e contemporanea. “Gli artisti hanno sempre viaggiato e si sono spostati attraverso città, paesi e continenti. – ha raccontato il curatore – In occasione della Biennale Arte 2024 si parlerà di artisti che sono essi stessi stranieri, immigrati, espatriati, diasporici, émigrés, esiliati e rifugiati”. In occasione della pre-apertura sia i Giardini che l’Arsenale sono stati invasi da curatori, collezionisti, galleristi, artisti e addetti ai lavori. Da Luc Tuymans a Julien Creuzet, da Emmanuel Perrotin ad Hans Ulrich Obrist, da Patrizia Sandretto Re Rebaudengo fino a Massimo Bartolini. Un universo coloratissimo ed eterogeneo che ha fatto per giorni la spola fra un padiglione nazionale e l’altro. Molta attenzione se l’è ritagliata la Mostra principale firmata proprio da Pedrosa. Una mostra elegante, composta, colta, articolata tra il Padiglione Centrale ai Giardini e all’Arsenale e divisa in Nucleo Contemporaneo e Nucleo Storico. Esposti i lavori di artisti queer, indigeni, outsider, folk. Tutt’attorno, ben 88 Partecipazioni Nazionali, progetti speciali e almeno trenta eventi collaterali sparsi in ogni scorcio di Laguna. Tutti con un unico scopo: “Decolonizzare il sistema dell’arte”.