fbpx
Milan #arte

Nico Vascellari

Il futuro non mi spaventa, mi inquieta l’incapacità di viverlo con consapevolezza

“La performance non è altro che una scultura in movimento. Tutto dialoga sovrapponendosi, a volte anche scontrandosi”

Nico Vascellari non è solo un artista, ma un catalizzatore di energie primordiali, un esploratore che fonde natura, suono e ritualità in una pratica multiforme. La sua carriera affonda le radici nella musica hardcore – esperienza che continua a permeare la sua estetica – per poi espandersi in un universo espressivo che attraversa performance, scultura, installazione, disegno e video. Un linguaggio che assorbe influenze dall’antropologia, dal folklore e dalla scena alternativa, restituendo visioni potenti, materiche, spesso al confine tra il mistico e il fisico. Ora il suo percorso approda a Palazzo Reale di Milano con Pastorale, una grande personale che si sviluppa nella suggestiva Sala delle Cariatidi. Curata da Sergio Risaliti, la mostra – aperta dal primo aprile al primo giugno – presenta un’unica opera ambientale inedita. Il titolo stesso, Pastorale, evoca un ritorno alla terra, alla ciclicità delle stagioni, al ritmo primordiale dell’esistenza. Un viaggio che esplora la tensione tra istinto e costruzione culturale, tra tradizione e sperimentazione. In questa intervista, Nico Vascellari ci accompagna nel cuore della sua ricerca, tra il potere evocativo del suono, la forza del corpo in azione e il richiamo ancestrale della natura. Un confronto che non è solo artistico, ma esistenziale.

Pastorale è un titolo che fa pensare alla natura, alla musica, alla poesia. Perché l’ha scelto?

Nico Vascellari:

“Pastorale” evoca un immaginario stratificato: richiama la natura, ma anche una dimensione sonora e rituale. È un titolo che non definisce ma nell’evocare ideali antichi parla della necessità di una nuova resistenza.

La Sala delle Cariatidi porta con sé una storia forte. Cosa  l’ha colpita di più lavorando in questo spazio?

Nico Vascellari:

La Sala delle Cariatidi è testimone silenzioso di un tragico passato e come tale le sue cicatrici sono un monito al futuro. Mi interessa lavorare con le tracce, con ciò che rimane e con la sua capacità di trasformarsi. L’assenza, il vuoto, la memoria impressa nelle pareti non sono uno sfondo ma parte dell’opera.

La mostra unisce performance, scultura, video e suono. Come fa a combinare tra loro questi elementi così diversi?

Nico Vascellari:

Non li considero elementi separati, ma parte di un unico linguaggio. Sono materiali, strumenti espressivi che emergono a seconda della necessità. Il suono, ad esempio, non è un accompagnamento ma un corpo nello spazio. La performance è una scultura in movimento. Tutto dialoga sovrapponendosi, a volte scontrandosi.

Il rapporto tra uomo e natura è centrale nel tuo lavoro. La spaventa il futuro? Se sì perché?

Nico Vascellari:

Il futuro non mi spaventa, mi inquieta l’incapacità di viverlo con consapevolezza. Il nostro rapporto con la natura è un confronto di forze, uno scontro tra la resistenza dell’una e l’incoscienza dell’altro. Questo conflitto è nel mio lavoro.

La mostra non si ferma a Palazzo Reale, ma si espande in città. Cosa può anticiparci?

Nico Vascellari:

Il progetto di comunicazione per la mostra proietta la mostra verso una dimensione quasi infantile. Ho provato ad immaginare qualcosa che potesse comunicare in maniera trasversale anche ad un pubblico di non addetti ai lavori e per questo ho immaginato i boop, 10 creature ritratte nel loro viaggio tra il sotterraneo e il celestiale. Saranno visibili due ore al giorno ogni giorno per quindici giorni sugli schermi di Urban Vision disseminati per il centro di Milano.

Il suono è sempre una sua firma. Che funzione ha questa volta?

Nico Vascellari:

È un organismo scultoreo, un’architettura invisibile che modifica la percezione dello spazio. Non accompagna, non descrive, genera presenza.

 

Ha mai usato la sua aura di artista per sedurre?

Nico Vascellari:

Non sono certo di conoscere l’aura di cui mi sta parlando…

Come mai, a differenza di molti suoi colleghi, ha scelto di non affidarsi a una galleria di riferimento?

Nico Vascellari:

Credo che un artista si definisca non solo per quello che fa ma soprattutto per quello che si rifiuta di fare. Questa per me è vita ancor prima che carriera, ha un prezzo ma anche un valore.

Cosa sognava di fare a 14 anni?

Nico Vascellari:

Sognavo di poter passare le giornate in skateboard.

Se la sua casa andasse a fuoco e potesse salvare solo una cosa, cosa prenderebbe?

Nico Vascellari:

Quello che rimane di Dodo, il peluche con il quale dormivo da bambino. Mi è rimasta la sua testa.

Programmi per il 2025?

Nico Vascellari:

Una scultura per Piazza della Signoria a Firenze, una personale alla Kunsthalle di Bangkok e un lungo viaggio in Namibia.

Ritratti: Niccolò Campita
Intervista: Germano D’Acquisto
Installation Views: Melania Dalle Grave DSL Studio

 

 

More Interviews
Vedi altri