Negli ultimi anni le collaborazioni di moda hanno perso smalto, diventando formule prevedibili. Ma ogni tanto arriva un incontro che rimette in moto l’immaginazione, ricordando perché l’idea di “collab” aveva, un tempo, qualcosa di elettrico. Moncler + Jil Sander appartiene a questa categoria rara: non un esercizio di branding incrociato, ma un vero cortocircuito estetico.
Qui la purezza minimalista di Jil Sander incontra il rigore tecnico di Moncler, e invece di smussarsi, i due linguaggi si potenziano. Il punto di partenza è la natura invernale, interpretata non come scenario decorativo ma come condizione: spazio, silenzio, luce fredda. I volumi diventano morbide architetture in movimento; la palette, fedele al codice Sander, è fatta di toni che sembrano scolpiti nel ghiaccio. Lana doppia, twill di cotone e una sorprendente lana a pelo lungo creano superfici vive, mentre l’incontro tra fibre naturali e nylon imbottito — marchio di fabbrica Moncler — firma cappotti e cardigan come organismi ibridi, a metà tra confort e precisione ingegneristica.
A completare la narrazione, una serie di cortometraggi in cui i modelli attraversano boschi digitali e cime illuminate da proiezioni: un ritorno simbolico all’habitat originario di Moncler, la montagna come immaginario più che come luogo. La collezione approda nei negozi dei due brand e in un pop-up a Isetan Shinjuku, ma la sensazione è che potrebbe vivere ovunque, in ogni spazio in cui la moda torna a essere linguaggio e non solo prodotto. Una collaborazione che non fa rumore: fa aria. E oggi, è quasi rivoluzionario.







