fbpx
15.02.2023 #arte

Paolo Roversi

La luce nella fotografia è come un sentimento

“La fotografia è sempre un ritratto autobiografico, una confessione intima tra il fotografo e il suo soggetto”

Secondo molti è il più grande fotografo italiano di moda. Quello che attraverso i suoi lavori è riuscito a creare un vero linguaggio. Inconfondibile e, probabilmente, irripetibile. Lui è Paolo Roversi, punto di riferimento per generazioni di ritrattisti e nume tutelare dell’immagine fashion. Un gigante a cui Rai Documentari ha voluto dedicare il  film, dal titolo “Il sentimento della luce”. Un prodotto delicatissimo che ha il dolce retrogusto dell’omaggio. Il doc, presentato in prima assoluta negli spazi della Fondazione Sozzani di Milano sarà trasmesso il 17 febbraio alle 16 su Rai Tre. E sarà un po’ come un viaggio intimo nell’universo dell’artista dominato dalle città di Ravenna e Parigi. In mezzo a questi luoghi, ci sono i suoi meravigliosi ritratti, c’è la sua luce. Che Roversi definisce come un sentimento. Classe 1947, è stato primo fotografo ad usare la Polaroid formato 20×25, aprendo la strada a nuove sperimentazioni caratterizzate dall’uso di una luce intensa. Ha iniziato a scattare fin da bambino con una Ferrania Elioflex, regalatagli dalla madre. L’anno della svolta è il 1973, quando vola a Parigi, diventando uno dei più grandi di sempre.

“La foto”, racconta, “è sempre un ritratto autobiografico, una confessione intima tra il fotografo e il suo soggetto”. E di soggetti Roversi ne ha immortalati tantissimi nel corso della sua lunga e prodigiosa carriera. Li ha sublimati tutti grazie a scatti che li hanno resi immortali. Da Kate Moss a Naomi Campbell, da Monica Bellucci a John Galliano, dalla principessa Kate Middleton fino a tutte le modelle del Calendario Pirelli 2020 (che Roversi ha intitolato “Looking for Juliet” diventando il primo fotografo italiano a firmarlo). Incontriamo il maestro in occasione della prima ufficiale del documentario.

Da dove nasce l’idea di raccontarsi attraverso Il sentimento della luce? 

E’ nato tutto dalla Rai. Mi è stato proposto questo progetto e io ho subito accettato volentieri. C’era un mix di cose per cui non potevo proprio rifiutare. La Radio televisione italiana, l’Italia, la luce stessa… Impossibile dire di no. 

Perché per lei la luce ha questo ruolo cosi essenziale?

Perché sono un fotografo (sorride). Con la luce si fa amicizia tutti i giorni, è come se si instaurasse con lei un rapporto intimo. Quella che cerco nelle mie foro è però una luce particolare: la definirei una luce non luce, che non illumina soltanto ma riporta a qualcosa di familiare, di caldo e semplice.

Metaverso, digitale, internet: come è cambiato il ruolo del fotografo di moda rispetto a quando ha iniziato a scattare?

E’ cambiato moltissimo, come d’altro canto è cambiato il mondo intero. In questi ultimi decenni è stato rivoluzionato tutto: il modo di comunicare, di guardare le immagini, di presentarle.

Secondo lei è migliorato o peggiorato?

Un’idea me la sono fatta. Ma lasciamo rispondere i posteri.

Quale è la vera sfida che si nasconde in ogni scatto?

Beh, è la bellezza. Io sono da sempre alla ricerca di un ideale estetico. La grande sfida è riuscire a raggiungerlo e mostrarlo al pubblico.

C’è una cosa che i suoi soggetti hanno in comune quando si trovano davanti al suo teleobiettivo?

Sì: è la fiducia. Tutti i soggetti che ritraggo scelgono di affidarsi al fotografo, scelgono di lasciarsi andare. Accettano questo scambio di sensibilità.

Per quale foto le piacerebbe essere ricordato?

Le rispondo in modo forse un po’ banale. Ma è davvero quello che penso: è lo scatto che ancora devo realizzare.

Se non avesse fatto il fotografo?

Mi sarebbe piaciuto fare lo scrittore o il direttore d’orchestra.

Progetti per il 2023?

Sto cercando di realizzare uno dei miei sogni: diventare scrittore. Sto scrivendo un libro insieme al filosofo Emanuele Coccia dedicato proprio alla luce nella fotografia.

Alla fine l’ha scoperto cosa hanno in comune il mare Adriatico e la Ville Lumière?

Hanno in comune me stesso. Ho i piedi ben sprofondati nella sabbia dell’Adriatico, che è per me il posto più prezioso del mondo, ma ho anche la testa svitata e sognante nel mio studio di Parigi.

A Parigi lavora da ormai 50 anni, cos’ha questa città di così speciale rispetto a tutte le altre?

Parigi è la città dell’arte, del cinema, della musica. Ma di davvero speciale ha soprattutto Letizia, mia moglie.

 

Intervista : Germano D’Acquisto

Foto : Ludovica Arcero

More Interviews
Vedi altri