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29.04.2024 #arte

Massimo Bartolini

Anche saper ascoltare è una forma d’arte

«L’arte deve essere sacra, indirizzata verso l’impersonale che unisce ognuno di noi. In una parola, è poesia»

In un periodo storico così caotico, così rumoroso come il nostro, il padiglione Italia firmato dall’artista Massimo Bartolini sembra quasi fare da contraltare. Una sorta di contrappasso a fronte di tanta volgarità e schiamazzi. Il progetto, curato da Luca Cerizza e promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, è uno spazio senza pareti, abitato solo dalle note e da poche installazioni di meditazione e introspezione, i cui punti cardinali sono la natura e la spiritualità. Il titolo del progetto, «Due qui/To hear» gioca con le parole e con l’assonanza fra la l’inglese «Two here» e la sua pronuncia, «To hear», cioè «ascoltare». Come a dire: “Anche saper ascoltare è una forma d’arte”.
Nato a Cecina nel 1962, in provincia di Livorno, dove attualmente vive Bartolini non ha lavorato da solo. Si è avvalso del musicista inglese Gavin Bryars, che ha creato una composizione su una poesia del poeta argentino Roberto Juarroz, destinata al giardino, mentre la grande installazione ambientale alle Tese ha invece una componente sonora firmata a quattro mani dalle due giocavi compositrici Caterina Barbieri e Kali Malone. E’ lo stesso artista toscano a raccontarci il suo lavoro.

Da dove viene l’idea di creare un’opera che si ispira totalmente all’ascolto in un’epoca in cui tutti parlano – attraverso le tv, i social – e pochi prestano davvero attenzione?

Massimo Bartolini :

«Nella domanda c’è la risposta: è un lavoro che senza rinunciare a una parte visiva (lo strumento) e tattile (il percorso da fare), privilegia questo mondo parallelo e invisibile nel quale siamo immersi e del quale non ci accorgiamo. Il mondo sonoro, appunto. Bisogna educarsi a frequentarlo. Pierre Schaeffer, Raymond Murray Schafer, Paulina Oliveiros, John Cage ci hanno indicato l’esistenza di questo altro universo da scoprire»

Il progetto alle Tese delle Vergini si chiama Due qui / To Hear, il che significa che il dispositivo dell’opera si regge su una logica plurale. Ma chi è l’altro in questo caso?

Massimo Bartolini :

«L’altro siamo noi umani, le piante, le pietre…….»

Per Due qui / To Hear ha scelto di coinvolgere anche altri artisti dal mondo della musica e di diverse generazioni. Come mai?

Massimo Bartolini :

«L’arte è una cosa collettiva. Sempre. Che sia dichiarato o meno. L’ autore, invece, è un concetto antico tenuto in vita soltanto dalla speculazione commerciale. Invitare dei  musicisti così grandi mi rende sia fan che studente. C’è una sorta di ammirazione ma anche di istruzione. Ho imparato tantissimo da Gavin Bryars la cui umanità è pari alla sua grandezza come musicista. Kali Malone e Caterina Barbieri sono stupefacenti nella loro bravura nel cogliere esattamente l’intensità di una situazione. È già una grande risultato per me avere tutti questi maestri assieme»

Quanto un artista è libero oggi? Cosa significa per lei essere liberi?

Massimo Bartolini :

«L’arte muore di libertà, l’arte vive di relazioni e quindi, esagerando solo un po’, di coercizioni. Oggi la libertà è la nuova forma di controllo come dice Byung Chul Han. Libero di esprimere pareri per poi essere profilato e in seguito plagiato e dirottato. La libertà da sola è la più terribile delle schiavitù, i francesi l’avevano messa insieme a fratellanza e uguaglianza che ne moderavano l’aspetto delirante insito in ogni libertà. Essere liberi forse vuol dire rinunciare a più cose»

Quanto le è costato in termini di fatica, pazienza, crescita personale, essere l’unico artista del Padiglione Italia?

Massimo Bartolini :

«Tanta fatica, immensa pazienza e sì anche una certa crescita personale. Non ho paura degli spazi e la solitudine mi piace, quindi mi sono trovato a mio agio da solo in uno spazio così grande. Va da sé che essere l’unico artista a rappresentare una nazione, che avrebbe tanti altri artisti altrettanto meritevoli di ricoprire questo ruolo è una bella responsabilità»

Massimo Bartolini

L’arte per lei deve essere civile o incivile?

Massimo Bartolini :

«L’arte deve essere sacra, indirizzata verso l’impersonale unisce ognuno di noi. In una parola, è poesia»

Ricorda la prima opera d’arte che ha realizzato?

Massimo Bartolini :

«Francamente no, ma ricordo quando ho deciso di fare l’artista»

Qual è il suo posto ideale in cui trae ispirazione per dar vita ai suoi progetti?

Massimo Bartolini :

«Il posto ideale è un me stesso sereno ma attivo, calmo ma attento, questo è un posto che ho dentro di me ma raramente vi ho accesso. Però un posto esterno che mi ha influenzato e mi ha letteralmente ispirato è Ficarra, in Sicilia»

Se non avesse fatto l’artista?

Massimo Bartolini :

«Sarei diventato geometra o cameriere»

Intervista: Germano D’Acquisto

Foto: Ludovica Arcero

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