Gianluca Di Pasquale
La mia pittura ascetica in mezzo a tanto caos
«I miei sono quadri silenziosi, perché se tutti fanno rumore l’unica alternativa per farsi ascoltare è quella di parlare piano»
La pittura di Gianluca Di Pasquale è meditativa, quasi ascetica. Fatta di immensi spazi bianchi, di volti che non si vedono e di contorni che sfumano piano piano. E’ un’arte poetica, che procede per sottrazione. Eppure questi dipinti, che tanto sarebbero piaciuti all’architetto Mies van der Rohe, teorico del “Less is more”, non vivono di vuoti bensì di pieni. Le enormi distese che il pittore lascia sulle sue tele, così come quei corpi femminili privi di volto o le silhouette che sembrano sgranarsi come il tarassaco dopo un soffio di vento sono in realtà opportunità offerte agli spettatori, che in quelle spianate, in quei lineamenti celati possono metterci tutto ciò che vogliono: ricordi, desideri, esperienze personali. Classe 1971, romano di nascita, Di Pasquale vive da tempo in Umbria, dopo anni passati a Milano. Il suo trademark sono paesaggi soavi e corpi di donna dominanti dalle assenze. Lo incontriamo a Milano all’interno della sua galleria di riferimento: la Monica De Cardenas, che in occasione della fiera Miart – fissata dal 12 al 14 aprile – esporrà alcuni dei suoi lavori all’interno del proprio stand all’Allianz MiCo. Il prossimo maggio, l’artista invece volerà nella “sua” Roma dove sarà protagonista di una collettiva alla galleria Tommaso Richter.
Ha un tratto pittorico molto delicato. Quasi silenzioso. Come fa a creare arte in tempi così rumorosi??
Gianluca Di Pasquale :
«Forse perché se tutti fanno rumore l’unica alternativa per farsi ascoltare è quella di parlare piano. Il rumore a lungo andare stanca, ci vuole solo pazienza: in questo sono molto zen»
E’ noto per i mondi lievi che abitano le sue tele, spesso popolate dal bianco della neve. Da dove trae ispirazione?
Gianluca Di Pasquale :
«L’ispirazione è ovunque, basta ascoltare. In particolare la serie dei quadri bianchi nasce in Engadina; precedentemente avevo già iniziato a fare dei quadri dove il bianco predominava, ma alla visione di quelle montagne così innevate mi è sembrato naturale riportare quella purezza sulla tela, e da lì ho iniziato un filone che dura tuttora: in fondo, ogni volta che mi trovo da quelle parti lo spettacolo si ripete e mi viene sempre voglia di dipingere quei paesaggi»
Dopo tanti anni trascorsi a Milano, ha scelto di rifugiarsi in Umbria: perché?
Gianluca Di Pasquale :
«A Milano ho trascorso gli anni più importati della mia vita: è iniziata la mia carriera, sono diventato padre, ho imparato tante cose e conosciuto tante persone, ma a un certo punto volevo prendermi una pausa. Negli ultimi tempi mi sembrava di ripetermi e non trovavo più nuovi stimoli. Così ho deciso di andarmene per un po’ in Umbria, un posto a me familiare dato che una parte della mia famiglia viene proprio da qui. Dopo il trasferimento è però scoppiata la pandemia e quella che doveva essere una pausa è diventata un cambio radicale del tutto imprevisto. C’è una frase che dice “La vita e quella cosa che accade mentre fai altri progetti”, in fondo è cosi. Quindi ho pensato che assecondare il destino era la cosa migliore…»
Uno dei suoi lavori più conosciuti è la serie dedicata alle figure femminili ritratte di spalle. Perché la scelta di non dare loro un volto?
Gianluca Di Pasquale :
«E’ vero le mie donne non hanno un volto, ma allo stesso tempo ne hanno più di uno, quello che ogni spettatore cerca di immaginarsi. I dettagli sono il loro identikit, che creano una sorta di ritratto psicologico, il loro abbigliamento diventa l’elemento distintivo della loro identità»
Secondo lei in quale film o dipinto o libro è stato raccontato meglio il silenzio?
Gianluca Di Pasquale :
«Un film che mi viene in mente è “Il regno d’inverno”, l’ho visto alcuni anni fa. Per quanto riguarda un quadro potrei dire Malevic, e più precisamente l’opera dal titolo “Quadrato bianco su fondo bianco”, ma in realtà si tratta sempre di un silenzio gridato. Forse metterei sul podio anche le nature morte di Morandi o le “Piazze d’Italia” di De Chirico: è un silenzio che preferisco. Per quanto riguarda un libro invece sicuramente “Il deserto dei tartari” di Buzzati»
Preferisce che un suo quadro finisca al Guggenheim oppure nella casa di Lady Gaga?
Gianluca Di Pasquale :
«Prima a casa di Lady Gaga. Mi piace l’idea che i miei quadri siano in una casa e che facciano parte della quotidianità delle persone con una storia e un vissuto. Poi sarebbe bello che un giorno lei lo donasse al Guggenheim, che poi è la storia di molti capolavori che sono nei musei»
La natura è spesso centrale nei suoi lavori. Come si può addomesticare la sua forza?
Gianluca Di Pasquale :
«Non penso che la natura si possa addomesticare, mi vengono in mente i fili d’erba che escono dall’asfalto: così delicati, ma riescono ad insinuarsi e col tempo possono anche romperlo e riprendersi il proprio spazio. Sui tempi lunghi la natura ha sempre la meglio, tutto torna nel suo equilibrio»
E quella degli uomini?
Gianluca Di Pasquale :
«Forse si auto addomesticano da soli, dopo che si accorgono dei loro errori»
In quale casa non vorrebbero finissero mai i suoi lavori?
Gianluca Di Pasquale :
«Ovviamente a casa mia, significa che nessuno li vuole, anche se qualcuno a cui tengo particolarmente confesso di tenerlo volentieri vicino a me»
C’è una persona che l’ha ispirata più degli altri?
Gianluca Di Pasquale :
«Se parliamo di artisti sono stati molti e sono cambiati nel tempo, ma nella vita reale è stato il maestro dell’elementari che nel pomeriggio ci insegnava a dipingere. In generale però le donne sono la mia principale fonte di ispirazione»
Se non avesse fatto l’artista cosa sarebbe diventato?
Gianluca Di Pasquale :
«Cosa sarei diventato non lo so, posso dire che mi sarebbe piaciuto fare il pilota d’aerei».
Intervista: Germano D’Acquisto
Foto: Ludovica Arcero