La pittura anarchica e selvaggia di Helen Frankenthaler a Palazzo Strozzi
Più che un’artista Helen Frankenthaler era un’alchimista. Perché mescolava nell’ampolla della sua sconfinata creatività astrazione e poesia, tecnica e immaginazione, controllo e improvvisazione, espandendo la sua pratica oltre le convenzioni, oltre le regole alla ricerca della formula perfetta della libertà nella pittura. A lei, la Fondazione Palazzo Strozzi, insieme alla Helen Frankenthaler Foundation, dedica una mostra tributo che racconta la sua rivoluzionaria ricerca nella pittura indagata con una serie di lavori realizzati fra il 1953 e il 2002 caratterizzati da una pioggia di interazioni cromatiche, transizioni sfumate e sovrapposizioni traslucide.
Più che una monografica, un audace happening dove i lavori di Helen, dominati da un equibrio perfetto tra colore, spazio e forma, dialogano con quelli di altre stelle come Jackson Pollock, Robert Motherwell, Kenneth Noland, Mark Rothko e Anthony Caro.
Per tenere a battesimo “Helen Frankenthaler. Dipingere senza regole”, una delle esposizioni più attese del 2024, l’altra sera a Firenze si è riunito il gotha dell’arte e della cultura nazionale e internazionale. All’esclusiva cena allestita nell’ultimo piano della struttura rinascimentale, oltre ad Arturo Galansino, Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi, c’erano tra gli altri Sara Funaro, sindaca di Firenze, Douglas Dreishpoon, Direttore dell’Helen Frankenthaler Catalogue Raisonné e curatore della mostra, Francesco Bonami, Elizabeth Smith, Jeff Goldblum, Maria Manetti Shrem, Lise Motherwell, Eva Cavalli, Mario Calvo Platero, Amanda Platek e Lamberto Frescobaldi.
Testo: Germano d’Acquisto
Foto: Ludovica Arcero
Exhibition views: Ela Bialkowska, OKNO Studio