Alla Galleria Bkv, Strozzi e Manzoni s’incontrano: barocco e concettuale in collisione
Milano, giovedì sera: via Fontana diventa improvvisamente un crocevia di epoche. Nella galleria BKV Fine Art va in scena Bernardo Strozzi – Piero Manzoni. Presenza Assenza. Due artisti lontani quattro secoli, uno genovese barocco, l’altro milanese concettuale, messi faccia a faccia come in un esperimento di fisica estetica. La mostra, realizzata con la Fondazione Piero Manzoni, è di quelle che ti obbligano a ripensare tutto: la pittura, la materia, il tempo, persino la parola “presenza”.
All’opening, tra i fondatori della galleria — Massimo Vecchia, Paolo Bonacina, Edoardo Koelliker — si è mosso un pubblico variegato: curatori, collezionisti, appassionati, qualche nostalgico del gesto. Tutti a chiedersi la stessa cosa: come può convivere l’opulenza barocca di Strozzi con il minimalismo radicale di Manzoni? La risposta, come sempre, è nella tensione.
Presenza Assenza funziona perché non cerca equilibrio, ma attrito. Da una parte, le tele febbrili di Strozzi, dove la materia è viva, tattile, quasi carnale; dall’altra, gli Achromes di Manzoni, superfici che rifiutano il colore per diventare spazio mentale, vuoto fertile. Strozzi modella la luce come fosse argilla, Manzoni la cancella fino a renderla assoluta. Entrambi autodidatti, entrambi ribelli, entrambi allergici alla forma imposta. C’è un punto in cui il pennello di Strozzi e il gesso di Manzoni sembrano toccarsi — un cortocircuito tra istinto e idea, devozione e disincanto. Il primo trasforma il pathos in pittura, il secondo la pittura in concetto. In mezzo, quattrocento anni di domande sull’arte e sul suo senso, che questa mostra riapre con disarmante naturalezza.
A completare il dialogo, negli spazi adiacenti, si apre Cabinet, a cura di Giovanna Manzotti da un’idea di Edoardo Koelliker. Il progetto, visibile dal 17 ottobre al 19 dicembre 2025, intreccia opere delle Collezioni Scarzella e Koelliker in un percorso ispirato alle antiche Wunderkammer: luoghi di meraviglia dove il tempo collassava e gli oggetti convivevano al di là di ogni cronologia. Qui, il termine cabinet si fa dispositivo contemporaneo per leggere la realtà senza confini temporali né stilistici, un esercizio di immaginazione che prolunga la conversazione tra antico e moderno inaugurata da Strozzi e Manzoni.
A chi passa da via Fontana, due consigli: non perdersi il Martirio di Sant’Orsola di Strozzi, in cui la luce vibra come un’invocazione, e fermarsi davanti a un Achrome qualsiasi — perché in quella superficie apparentemente neutra c’è tutto: il silenzio, la ribellione, la vertigine del vuoto. Presenza Assenza è una sfida lanciata alla percezione: la prova che tra un barocco e un concettuale può nascere qualcosa di sorprendentemente vivo — e terribilmente contemporaneo.
Testo: Germano D’Acquisto
Foto: Ludovica Arcero
