Francesco Clemente
Per me l’arte è navigare sotto un cielo sempre cangiante
«Il mio è stato un inizio doloroso: proprio quando ho cominciato a dipingere ho perso l’amicizia di Alighiero Boetti»
Francesco Clemente è una delle figure più seducenti dell’arte contemporanea. Una creatura ibrida in cui convivono più o meno pacificamente spiritualità, poesia, pittura, mistica, metafisica e filosofia. Questo suo universo tanto complesso quanto emozionante sbarca per qualche mese a Palazzo delle Esposizioni di Roma, teatro di una mostra omaggio dal titolo Anima nomade. Già perché non esiste figura più nomade di Francesco Clemente nei territori dell’arte di oggi. Napoletano d’origine, ha girato il mondo alla ricerca di ispirazione e di se stesso. Dall’Afghanistan, visitato insieme ad Alighiero Boetti, all’amatissima India, che ha scelto come terra dell’anima e fonte di ispirazione continua; dal Mediterraneo fino a New York, che è diventata casa sua dagli anni ’80 quando collaborava con gli amici Andy Warhol e Jean Michel Basquiat.
A Roma, Clemente presenta un viaggio raccontato attraverso un’installazione unica che attraversa ogni sala del piano nobile del museo. In scena fino al 30 marzo ci sono opere ambientali create appositamente per la mostra che si concentra sull’intima connessione dell’artista con la cultura orientale. Per Clemente, la spiritualità non è solo un tema da esplorare, ma una vera e propria radice da cui nasce una materia densa di significati e immagini iconografiche di grande raffinatezza. La mostra capitolina svela l’evoluzione dell’artista, considerato uno dei padri della Transavanguardia, a partire dalle Tents realizzate nel 2013, mai state esposte da allora fino alla serie dei grandi wall drawing, appositamente realizzati per questa esposizione romana, che riflettono sull’idea dell’anima nomade dell’artista. Più che un’esposizione, Anima nomade è un’esperienza immersiva, un vero e proprio viaggio attraverso la sensibilità di uno degli artisti più influenti della scena contemporanea che ha fatto dell’arte un meraviglioso strumento di conoscenza e trasformazione. Noi di Say Who abbiamo incontrato l’artista a Roma proprio negli spazi di via Nazionale, e lo abbiamo fotografato e intervistato quasi avvolto dalle sue opere.
E’ considerato una delle figure principali della Transavanguardia, quando la pittura è stata confermata ancora una volta come reazione all’avanguardia immateriale. Come ricorda questo cambiamento?
Francesco Clemente :
«Quando ho cominciato a dipingere ho perso l’amicizia del mio migliore amico, Alighiero Boetti, che aveva portato il leggendario gallerista Sperone per la prima volta al mio studio. E’ stato molto doloroso. Con Boetti ci siamo ritrovati con calore ed affetto solo dodici anni dopo, quando purtroppo era già gravemente malato»
Viaggiare è sempre stato una parte importante della sua vita di artista. Considera l’arte una forma di viaggio?
Francesco Clemente :
«Sì. L’arte è un po’ come navigare sotto un cielo sempre cangiante»
L’ultima opera d’arte (ma anche libro, film o canzone) che l’ha trasportata in un posto diverso?
Francesco Clemente :
«”Notturno”, il film girato nei territori del Califfato, lungo i confini di Iraq, Kurdistan, Siria e Libano, dal regista italiano Gianfranco Rosi nel 2020»
E’ nato a Napoli 72 anni fa. Tornerebbe a vivercì?
Francesco Clemente :
«Le rispondo esattamente come mi gridò un barbone ubriaco, accampato a Roma proprio sotto il gasometro, avvistando la mia vecchia macchina targata Napoli: “Napoli è ovunque!!”»
Il percorso della mostra di Roma immerge i visitatori in un paesaggio estetico totalizzante, metafisico e mistico, cadenzato dalla rappresentazione del sé. Se i volti delle sue tele potessero parlare cosa direbbero?
Francesco Clemente :
«Relax!»
In una vecchia intervista ha detto che “Se vuoi competere in Italia, gli unici modi accettati sono la forza bruta o l’astuzia. E nessuna di queste due “virtù” è adatta a un artista”. E’ ancora dello stesso avviso?
Francesco Clemente :
«Una volta ho dipinto il Palio di Siena. A Siena mi hanno spiegato che lo scopo della corsa non è vincere, ma far perdere il proprio nemico».
Intervista: Germano D’Acquisto
Foto: Niccolò Campita