03.09.2025 Palazzo del Cinema, Venice #cinema

Dante, Tosches e mafia: Julian Schnabel porta a Venezia la sua opera-abisso

Palazzo del Cinema, Venice

Fuori Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, ma già dentro la cronaca prima ancora che le luci della Sala Grande si accendessero. In the Hand of Dante, nuovo film di Julian Schnabel, è arrivato al Lido scortato da un duplice carico: da una parte la presenza nel cast di Gal Gadot e Gerard Butler, bersagliata dal gruppo Venice4Palestine che ne aveva chiesto l’esclusione per presunti orientamenti filo-israeliani; dall’altra un elenco di nomi da red carpet che ha il peso di un romanzo corale. Schnabel, abituato a navigare tra arte e cinema, ha risposto in conferenza stampa con fermezza: «Non c’è alcuna ragione per cui bisognerebbe boicottare gli artisti. Io ho scelto questi attori per il loro talento artistico e dovremmo parlare più di quello che di queste tematiche».

Tratto dall’opera postuma di Nick Tosches, scrittore maledetto, In the Hand of Dante incrocia secoli, vite e ossessioni. Una narrazione a doppio registro che corre dal 300 al XXI secolo: da un lato Dante Alighieri, intento a scrivere la Commedia; dall’altro Nick stesso, trascinato in un intrigo per autenticare un manoscritto che si dice appartenere al poeta. Nel mezzo, mafiosi, assassini improbabili, lutti e un viaggio che somiglia più a una discesa negli inferi che a un’indagine filologica.

Sul tappeto rosso, oltre all’artista-filmaker accompagnato da Louise Kugelberg, hanno sfilato Oscar Isaac, magnetico protagonista in completo bordeaux, seguito da Jason Momoa in total pink. Poi Louis Cancelmi, Vito Schnabel, il cantautore, musicista e poeta britannico Benjamin Clémentine, Louise Kugelberg, Duke Nicholson, Francesco Melzi d’Eril, Olmo Schnabel e Franco Nero. Grandi assenti, ma evocati come numi tutelari, i tre titani Al Pacino, John Malkovich e Martin Scorsese. Insieme a loro, un’elegante Emanuela Fanelli che ha sfoggiato una scollatura ripidissima.

Schnabel, già premiato con il Cartier – Glory to the Filmmaker Award, sembra inseguire qui la sua opera-mondo: un film che non si limita a raccontare Dante o Tosches, ma a specchiarli l’uno nell’altro, in un gioco di doppi che è ricerca dell’assoluto. Amore, bellezza, divino: parole grandi, ma che nel buio della sala assumono il peso necessario.

Testo: Germano D’Acquisto
Foto: Ludovica Arcero

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