Jarmusch porta silenzi a Venezia 82, ma il red carpet esplode tra Blanchett e Rampling
Cinque anni dopo aver giocato con gli zombie in I morti non muoiono, Jim Jarmusch si riaffaccia al Lido con Father Mother Sister Brother, un film intimo e rarefatto che segna il suo debutto in concorso a Venezia. Un paradosso vivente: il regista che ha fatto della sottrazione un’estetica arriva sul tappeto rosso più atteso dell’anno con un cast da urlo.
Cate Blanchett, regale come una regina che ha scelto il minimalismo come forma di potere, poi Charlotte Rampling, magnetica nel suo understatement. Accanto a loro, un ensemble spettacolare: Vicky Krieps con il suo aplomb senza tempo, Indya Moore sensualissima (anche senza i ricci del pomeriggio) e Luka Sabbat in versione rasta-flâneur metropolitano. Ad accompagnare gli attori, anche “ospiti” come Iris Mittenaere, Miss Francia 2016 e Miss Universo 2016, l’onnipresente madrina del festival, Emanuela Fanelli, Anja Rubik, Simone Marchetti, Alessia Lanza, Cristina Parodi, Ludovica Bizzaglia, Nilufar Addati e Zarina Yeva.
Il tappeto rosso ha così messo in scena un microcosmo intergenerazionale che riflette perfettamente i temi del film: padri solitari, madri inafferrabili, fratelli che si perdono e si ritrovano.
Jarmusch, con i suoi capelli d’argento e l’aria da guru riluttante, ha attraversato la passerella come chi vorrebbe già essere in una stanza silenziosa a parlare di inquadrature, ma accetta per una sera di trasformarsi in catalizzatore di glamour. In fondo, il suo cinema è da sempre un atto di resistenza alla velocità e all’iperbole, e vederlo brillare nel rituale del red carpet ha il sapore di un ossimoro perfettamente riuscito: il minimalismo che conquista l’apoteosi.
Testo: Germano D’Acquisto
Foto: Ludovica Arcero
