09.06.2025 Bergamo #arte

Maurizio Cattelan

Mi affascina indagare come il tempo cambia la percezione delle cose

“Sebbene le mie opere non si ispirino mai al presente, alla fine arrivano tutte a raccontarlo, arrivano tutte lì”

C’è sempre qualcosa di impercettibile che si muove nelle opere di Maurizio Cattelan. Un movimento lento, carsico, che passa sotto traccia e poi colpisce con la forza di un’immagine che non si dimentica. Così anche “Seasons”, la grande mostra diffusa organizzata dalla GAMeC fino al 26 ottobre e allestita in occasione del progetto Pensare come una montagna che attraversa la città di Bergamo, non fa eccezione. Quattro sedi, cinque opere, un solo artista che riflette sul tempo come se fosse materia, stagione, passaggio. Dalla scultura in marmo “November 2023” esposta nella solennità gotica del Palazzo della Ragione, fino alla provocazione leggera e destabilizzante di “One” alla Rotonda dei Mille, ogni tappa è un frammento di autobiografia trasformato in monumento—ma senza retorica. Perché con Cattelan, si sa, il sacro e il profano condividono sempre la stessa cornice. E così, tra il volto scolpito di un amico scomparso e un bambino che gioca con la memoria di Garibaldi, Seasons si rivela per quello che è: un requiem dolce e spietato sulla fine e l’inizio di tutte le cose.

 

L’opera esposta alla GAMeC ricorda tanto il suo controverso “Him”, un Hitler con il corpo da bambino, inginocchiato in preghiera a mani giunte e con occhi commossi. Solo che qui gli occhi non si vedono perché il volto è coperto da un sacchetto di carta…?

Maurizio Cattelan:

Sì. In occasione di una mostra in Cina, avevo esposto “Him” ma mi avevano chiesto di coprirne il volto per motivi di censura. Così ho deciso di coprire il volto con un sacchetto. E’ nata una nuova opera, che ho deciso di intitolare “No”. E’ un lavoro diverso dal precedente.

Poi c’è “November 2023”, scultura in marmo di Carrara esposta a Palazzo della Ragione. Ha un’intensità quasi silenziosa. Chi è il volto che hai voluto scolpire e che tipo di legame c’è con la figura del clochard?

Maurizio Cattelan:

Questo lavoro parla della solitudine, di chi è invisibile. Il volto del clochard è Lucio, l’artigiano e amico che da sempre ha lavorato a quasi tutti i miei lavori. È scomparso a novembre di due anni fa. Ora il suo posto è stato preso dai suoi due figli. Lucio era un tipo a cui piaceva passare del tempo nelle mostre, ora con questo lavoro sarà costretto a starci per un bel po’. “November 2023” è il mio modo di rendergli omaggio.

Invece in “One”, allestita alla Rotonda dei Mille, a due passi dal centro di Bergamo, c’è un bambino a cavalcioni sulla statua di Garibaldi. Una provocazione? Un’ode? Come nasce questa riflessione sulla figura dell’eroe e sul suo significato oggi?

Maurizio Cattelan:

Lascio alla gente libera interpretazione. Giuseppe Garibaldi, oggi considerato eroe della patria, in passato è stato anche una figura temuta, un personaggio che incuteva timore. Mi affascinava indagare come il tempo cambia la percezione delle cose.

E quel bambino con la maglietta rossa sopra l’”Eroe dei due mondi” che sta a significare?

Maurizio Cattelan:

Come dicevo, l’interpretazione è libera. Il bimbo da un lato pare affidarsi alle spalle di Garibaldi alla ricerca di protezione e di una nuova unità, dall’altro, facendo il gesto della pistola con le dita, sembra anche prendersi gioco di lui. Quale delle due opzioni è quella valida?

Ha spesso dichiarato che le sue opere non parlano direttamente del presente…

Maurizio Cattelan:

Già. Sebbene tutte le mie opere non si ispirano mai al presente, almeno non in modo esplicito, alla fine arrivano tutte a raccontarlo, arrivano tutte lì. È inevitabile.

 

 

 

Foto: Ludovica Arcero
Testo: Germano D’Acquisto

 

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