Anna Manuelli
Amo la recitazione in sé: il mezzo, teatro o cinema, è secondario
“Cerco storie che offrano speranza, bellezza, emozione, possibilità. Che sollevino. Che lascino qualcosa quando tutto finisce”
C’è un’intensità quasi silenziosa nei personaggi che interpreta, un magnetismo che non ha bisogno di forzature. Anna Manuelli, attrice fiorentina formatasi al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, ha saputo costruire un percorso solido e sfaccettato, alternando teatro, cinema d’autore, serie televisive di successo e produzioni internazionali. Dal debutto nei cortometraggi indipendenti alla ribalta in Pezzi Unici, dai set di Atlas e La mia ombra è tua alla serie cult Blocco 181, fino al recente ingresso nel cast internazionale di SAS Rogue Heroes, il suo è un viaggio costante tra profondità e istinto, presenza e trasformazione. L’abbiamo incontrata mentre è impegnata nella post produzione del film U Mari, un progetto che la vede infatti anche nel ruolo di co-produttrice, per ripercorrere insieme le tappe, le sfide e le prossime traiettorie di un talento in movimento.
Sei partita giovanissima dal Teatro Fiorentino diretto da Maurizio Lombardi. Che cosa ti ha lasciato quell’esperienza e come continua a risuonare oggi nella tua carriera?
Sicuramente è stata un’esperienza molto intensa per me, ero piccola e quindi tutto era amplificato. È stato il mio primo vero incontro con il teatro e con la passione che lo anima. Da lì ho capito che volevo seguire quella strada. È un’esperienza che mi porto ancora dietro, è lì che ho deciso di dare una direzione precisa alla mia vita.
Poi il passaggio dal palcoscenico al Centro Sperimentale di Cinematografia. Che cosa ti ha spinto verso il cinema e come hai vissuto questo salto di linguaggio?
Il cinema mi ha sempre affascinata. Ma la verità è che mi ero innamorata della recitazione in sé, quindi il mezzo — teatro o cinema — era secondario. Al Centro ci siamo formati come attori completi, abbiamo fatto molto teatro, quasi più che esperienza con la macchina da presa. Ma era tutto perfettamente in linea con il mio desiderio di fare questo mestiere a tutto tondo.
Nel 2018 il debutto al cinema con Ricordi?, poi subito Pezzi Unici. Che impatto ha avuto quel periodo nella tua crescita artistica?
Ricordi? è stata davvero la primissima esperienza, ero giovanissima. Pezzi Unici, invece, è stato il mio primo ruolo importante. Interpretavo Erica, un personaggio complesso, con un arco narrativo molto denso. Avevo appena finito il Centro, ed è stato emozionante trovarmi subito su un set con una parte così significativa. Sentivo una grande responsabilità ma anche entusiasmo: era una sfida e una grande opportunità.
C’è stato un momento preciso in cui ti sei sentita, davvero, un’attrice?
Credo che quella consapevolezza sia arrivata al Centro Sperimentale. Lì ho capito che stavo dedicando tutto il mio tempo, le mie energie, la mia vita a questo. È lì che ho iniziato a identificarmi profondamente con questa professione.
Avevi solo 19 anni. Oggi, cosa vedi guardando indietro a quel momento?
Mi sentivo grande, ovviamente. Ma ora, a posteriori, mi rendo conto che ero ancora una bambina…
In Atlas reciti accanto a Matilda De Angelis in un’opera delicata e intensa. Cosa ti ha colpito di quella storia e del tuo personaggio, Sonia?
Era un progetto molto particolare, raccontava una storia vera — l’amicizia di un gruppo che si dissolve per eventi più grandi di loro. Era fondamentale creare una chimica autentica tra noi, perché sullo schermo dovevamo sembrare amici di lunga data. Abbiamo lavorato tanto prima delle riprese e si è creato un legame vero, che ha reso l’esperienza speciale anche fuori dal set.
E lavorare con Adrien Brody nello spot Fiat? Com’è andata?
Ero ancora al Centro. Improvvisamente mi sono ritrovata su un set con lui, eravamo gli unici due attori. Abbiamo passato una settimana intensa. Tra una scena e l’altra parlavamo spesso di recitazione — io facevo domande, lui condivideva la sua visione. È stato illuminante. Ed è una persona davvero alla mano, umile. Quelli veramente grandi, spesso lo sono.
Hai recitato anche accanto a Marco Giallini in Con la mia ombra. Cosa hai imparato da lui?
Marco è una fonte inesauribile di energia. Sempre presente, sempre sul pezzo, capace di creare leggerezza e allegria sul set senza mai perdere la concentrazione. È contagioso, e ho pensato spesso che mi piacerebbe avere quella stessa capacità di tenere alto lo spirito di tutti, lavorando bene insieme.
Nel 2024 sei approdata su un set internazionale con SAS Rogue Heroes. Cosa ha significato per te entrare in un contesto globale?
È stato affascinante. Un mondo diverso, anche solo per le dimensioni del set, del progetto. Ricordo in particolare la cura negli effetti speciali. Pensavo che fossero quasi tutte cose aggiunte in post-produzione, invece ho assistito a scene incredibili, reali: camion che esplodono, stuntman che si lanciano tra le fiamme coperti di gel ignifugo. Mi ha colpita la dedizione, il rischio, l’artigianalità dietro tutto.
Parlami di U Mari, il film che stai anche producendo. Perché hai scelto di impegnarti anche dietro la macchina da presa?
È un progetto nato con il mio gruppo di amici del Centro. Una sfida condivisa, un entusiasmo puro. Volevamo raccontare una storia nostra. È un fantasy che si ispira alle leggende popolari di Cetraro, il paese d’origine di uno di noi. È stato un viaggio meraviglioso, un atto d’amore.
Il tuo percorso oscilla con eleganza tra indie e mainstream. Che tipo di storie cerchi oggi?
Cerco storie che abbiano un senso. Che offrano speranza, che sollevino. Quando lo spettatore esce dalla sala o chiude lo schermo, vorrei che sentisse di aver ricevuto qualcosa. Bellezza, emozione, possibilità.
E se non avessi fatto l’attrice?
Avevo mille idee — architettura, scienze politiche — ma nessuna vera direzione. Forse filosofia. Alla fine, però, tutto portava lì: alla recitazione.
Il libro che hai sul comodino?
Cent’anni di solitudine. È il mio libro del cuore.
Un film che, secondo te, racconta al meglio l’universo femminile?
Difficile sceglierne uno. La filmografia di Meryl Streep e Anna Magnani offre capolavori. La scelta di Sophie è una delle interpretazioni che mi ha più colpita. Poi ci sono film recenti molto intensi, ma quelli restano pilastri.
Un’attrice di riferimento oggi?
Cate Blanchett. È, forse, la mia attrice preferita. Ha una capacità di trasformazione sorprendente. La ricordo in I’m Not There nei panni di Bob Dylan: più credibile di tutti. È magnetica, complessa, incredibile.
…E invece un regista con cui ti piacerebbe lavorare? Italiano e internazionale.?
In Italia, Alice Rohrwacher. I suoi film sono pura poesia. Internazionalmente, mi ha colpito moltissimo Piccole cose come queste di Tim Mielants: uno sguardo delicato, umano, profondamente vero.
Ultima domanda. La tua casa va a fuoco. Puoi salvare solo una cosa: cosa prendi?
Il cellulare. Lo so, non è poetico… ma è lo strumento che ti permette di chiedere aiuto, di essere rintracciata. È la risposta meno romantica, ma la più pragmatica.
Intervista: Germano D’Acquisto
Ritratti: Ludovica Arcero
Styling: Nadia Bonalumi
Make-up Maddalena Brando
Hair Grant Hair Dresser
Abito Nervi Milano
Scarpe Gianvito Rossi
Publicist & Pr MPunto Comunicazione